A seguire la nota critica della Dott.ssa Barbara Bortot che ringraziamo per la splendida collaborazione fornita in occasione della mostra Dolomiti:Un Mondo realizzata ad Auronzo di Cadore nell’estate 2019.
DOLOMITI: UN MONDO
Le opere presenti di ArteComelico sono 41. Idealmente possiamo distinguerle in due gruppi. Un corpus, dove collochiamo quadri e sculture di richiamo oraziano dell’ ut pictura poesis, è caratterizzato dall’EQUILIBRIO. Qui le Dolomiti sono la sua flora e fauna, le creature fantastiche che ne popolano i boschi, lo scorcio di un villaggio, il profilo di un monte, la visione di un lago o di una luna piena, scene di vita quotidiana, la rappresentazione di una tradizione locale, di un personaggio noto, paesaggi cartolina e sono persino satira stimolante.
L’altro gruppo, invece, è formato da lavori in cui c’è TENSIONE. E’ la tensione a mettere in relazione una linea, un colore (può essere anche un piccolo spruzzo di rosso, o un’intera tela di juta) con lo spazio. E’ attraverso la tensione che l’artista raggiunge il suo oggetto, il mondo delle Dolomiti appunto, in una sintesi di fragilità e potenza.
Certamente se fosse stata realizzata prima dello scorso ottobre, la mostra avrebbe avuto un’identità diversa. E’ proprio vero quello che ancora oggi leggiamo scolpito sul frontone del Teatro Massimo di Palermo: “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita”.
Non a caso, a mio avviso, nelle opere di ArteComelico, l’uomo non c’è. Non è attivo, ma piuttosto contemplativo. Lo sciatore, l’alpinista sono statici, non sono ritratti mentre affrontano una discesa o si arrampicano. E ancora il contadino che falcia, occupa sì quasi l’intera scena, ma non ha un volto. Il menadas, che faceva fluitare i tronchi lungo i torrenti impervi dell’alta montagna, sembra in fase metamorfica, più simile al tronco che sta cercando di domare che ad un essere in carne ed ossa. L’uomo non c’è perchè non è lui il protagonista. In un futuro più vicino possibile, la natura ritornerà ad avere il suo ruolo, il suo spazio e l’uomo tornerà ad amarla e rispettarla. Allora ecco che l’occhio gigante esposto in una sala non è tanto quello della Terra che piange per le ferite subite e che le infliggiamo, bensì è l’occhio del nuovo uomo che ha preso coscienza del suo egoismo e comportamento. Ed ecco che la lama della falce del contadino sopra citato, in una cessazione del conflitto uomo – natura, si piega, si distende e si svolge in una bandiera bianca verso le Dolomiti.
Barbara Bortot
Art promoter e critica d’arte – Vicepresidente Associazione Casa d’Europa Dolomiti