Dolomiti : Un Mondo
In occasione del decimo
anniversario della titolazione delle Dolomiti Patrimonio dell’Unesco, il Comune
di Auronzo di Cadore, da sempre socio sostenitore della Fondazione Dolomiti
Unesco, ha organizzato una mostra che vedrà il coinvolgimento di tre
associazione e cento trenta artisti.
Un evento di particolare
interesse culturale che vuole ricordare come a Siviglia, nel giugno 2009,
durante la 33esima seduta, il Comitato Patrimonio Unesco decise di iscrivere le
Dolomiti nella lista del Patrimonio Mondiale, ponendo l’attenzione sullo
straordinario valore di Bene Naturale.
Da quel momento compare
un logo proprio e l’intitolazione “Fondazione Dolomiti Unesco”.
L’Assessore di Auronzo di Cadore, nonché presidente dell’Associazione Arte Comelico, Andrea Costa, ha invitato l’Associazione Arte Comelico, Il Circolo Artistico Morales e l’Associazione Artisti Trevigiani, chiedendo ad ogni singolo artista di raccontare la montagna attraverso il proprio vissuto personale e le emozioni che questa suscita nei loro cuori.
La rassegna prenderà il
via sabato 15 Giugno 2019, alle ore 17, presso la Sala Esposizioni del Municipio di
Auronzo e resterà aperta fino al 9 Luglio.
Interverranno le autorità nella figura del sindaco di Auronzo di Cadore Tatiana Pais Becher, dell’Assessore e Presidente dell’Associazione Arte Comelico Andrea Costa, dei presidenti delle singole associazioni.
Le note critiche saranno
a cura di Ombretta Frezza, Barbara Bortot e Francesca Lauria Pinter.
La vernice sarà animata
dall’Intermezzo musicale a cura di Mattia Nio De Biasi e dalla lettura di
alcune pagine del libro “Le tre lune” di Alfonso Lentini.
L’evento vede la presenza
di artisti tra i più diversi per tecniche, stili: pittura, scultura, fotografia,
incisione arrivano a dialogare tra di loro, contaminandosi, creando una
sinergica energia.
Non isolamento ma
apertura, volontà di dare voce ad una pluralità che arriva a celebrare la
montagna in ogni sua declinazione e aspetto.
Ogni singola tela,
scultura, fotografia, incisione potrebbe essere comparata ad un tassello che va
a comporre una caleidoscopica visione che conduce l’osservatore all’interno di
un’esperienza emozionale, intima e spirituale.
Il colore si fa voce
narrante, conducendoci dentro ogni opera
e facendoci divenire tutt’uno con la
stessa, protagonisti di un percorso
sensoriale: occhi che ci portano a vedere e a stupirci, come se fosse la prima
volta, dello straordinario spettacolo messo in scena dalla natura in ogni sua
più piccola, impercettibile variazione, udito che ci porta a sentire i suoni
della natura, canto meraviglioso di un paesaggio che si svela nei suoi segreti
più reconditi, olfatto che ci porta ad avvertire profumi, odori che risvegliano
in noi ricordi, attimi, fotogrammi di un passato che credevamo abbandonato,
sopito, addormentato tra le pieghe della nostra anima e che invece si ridesta,
tatto che ci porta ad accarezzare, sfiorare, abbracciare arrivando a creare un
rapporto di totale sinergia con ciò che ci circonda.
Una montagna raccontata
nell’andare delle ore e del susseguirsi delle stagioni, svelandosi a noi in modo
ancora candido e innocente, non stravolto dalla modernità che contraddistingue
la nostra contemporaneità.
Colore, luce, aria che
corteggiano lo spazio compositivo, si studiano, si cercano per poi farsi tutto
e abbandonarsi ad una continua ricerca dal sapore impressionista fino alla
conquista di soluzioni di matrice informale ed astratta.
Un paesaggio che potremo
definire senza tempo, all’interno del quale l’uomo entra, lasciandosi alle
spalle la frenesia di una quotidianità che corre a doppia velocità, finalmente
libero dalle catene, gli affanni, le alienazioni di un mondo che sta perdendo,
ogni giorno di più, il proprio orientamento.
Ciò che colpisce è il
silenzio che accarezza e avvolge valli, laghi, cime innevate, boschi case,
interrotto solamente dal suono di un vento che non fa paura, la cui eco
bisbiglia all’orecchio dell’osservatore, storie, segreti, frasi dette e non
dette, realtà mai davvero svelate totalmente.
Scorci
che vorrei leggere come un estremo tentativo di salvaguardare la memoria di
tutti quegli aspetti culturali e ambientali che avevano favorito l’insediamento
delle comunità locali.
Colpiscono
le opere che sembrano cristallizzare il tempo a quel 30 Ottobre 2018, quando le
nostre Dolomiti sono stare ferite, violentate, stravolte da un uragano di
eccezionale portata.
Il
volto di quelle terre che cambia per sempre, la cicatrice che solca l’anima
delle valli e dei suoi paesini e che oggi è visibile ai nostri occhi con la presenza
di alberi ancora ripiegati su se stessi e caduti a terra, un popolo che non si
è arreso, non si è lasciato travolgere da ciò che è accaduto ma si è rialzato,
ha ripreso in mano la situazione ed è voluto ripartire, rimboccandosi le
maniche, come solo la gente di montagna sa fare, con orgoglio, dignità e amore
per la propria terra.
Ombretta
Frezza
Critica
e Storica dell’Arte – Vicepresidente Associazione Artisti Trevigiani